fede

Con la Pasqua la morte non può avere l'ultima parola 

Card. Gualtiero Bassetti redazione
Pubblicato il 09-04-2023

L'omelia pasquale del Card. Gualtiero Bassetti 

Fratelli e Sorelle Carissimi,

ringrazio il Signore di poter celebrare questa Pasqua con voi, nel cuore dell’Umbria, in questo tempio stupendo, che tramanda nei secoli la storia del Poverello d’Assisi. Francesco, umile e povero seguace del Cristo morto e risorto. Anch’egli nella sua vita sperimentò il passaggio dalla morte alla vita, da una situazione di umanissima fragilità, alla dignità di figlio di Dio, riscattato dalla schiavitù del peccato.

Grazie a P. Marco Moroni, Custode del Sacro Convento, per il fraterno invito e a tutta la comunità francescana. Un cordiale saluto ai pellegrini qui convenuti da ogni dove.

In questo mattino di Pasqua il discorso di Pietro risuona come un invito, per la Chiesa, ad abbattere ogni barriera e a annunziare, così, a ogni essere umano la parola della resurrezione: fratelli tutti, per ricordare ancora una volta l’ultima enciclica di papa Francesco.

Il “voi sapete” con cui Pietro inizia non è diretto a credenti, ma, appunto, a pagani. Forse proprio a quei “lontani” di oggi che di fronte alla secolarizzazione sentono le parole della Chiesa come insufficienti o persino incomprensibili. È importante notare come, a questo riguardo, il punto di partenza di Pietro non è soltanto un’affermazione esplicita di fede, ma anche l’invito a ripensare a un’esperienza vissuta, alla familiarità avuta con Gesù di Nazareth e con la sua missione di salvezza. La resurrezione presuppone la vita terrena di Gesù; in questo sta la testimonianza degli apostoli, che costituisce l’altro centro di interesse del nostro brano. Si è testimoni della persona di Gesù, prima e dopo la sua morte, perché lo abbiamo incontrato. Non si è testimoni di una teoria, ma di una persona.

Quali sono le conseguenze della resurrezione? Il brano della lettera di Paolo ai Colossesi introduce un’ampia sezione nella quale l’Apostolo intende mostrare come la vita del credente è segnata da quel che egli stesso è diventato, non in forza delle proprie azioni, ma della resurrezione di Cristo. La morale paolina si può sintetizzare come un “vivi quel che sei diventato”; la vita morale è così una risposta che nasce dalla fede nel dono di Dio ricevuto nel Battesimo. Paolo sottolinea come il credente sia unito alla morte di Cristo in un modo assolutamente reale. Per questo motivo “pensare alle cose di lassù”, vivere da risorti, non significa disprezzare le realtà di questo mondo, ma guardare la propria vita con uno sguardo nuovo, non più con l’ottica del mondo, ma con quella di Dio: uno sguardo di speranza.

Scrive san Bonaventura nella Leggenda maggiore (Fonti Francescane n° 1129): «Una volta, nel giorno santo di Pasqua, siccome si trovava Francesco in un romitorio molto lontano dall'abitato e non c'era possibilità di andare a mendicare, memore di Colui che in quello stesso giorno apparve ai discepoli in cammino verso Emmaus, in figura di pellegrino, chiese l'elemosina, come pellegrino e povero, ai suoi stessi frati. Come l'ebbe ricevuta, li ammaestrò con santi discorsi a celebrare continuamente la Pasqua del Signore, cioè il passaggio da questo mondo al Padre, passando per il deserto del mondo in povertà di spirito, e come pellegrini e forestieri e come veri Ebrei». Pasqua è per Francesco passare da questo mondo al Padre, passare dal mondo stesso come “veri Ebrei” (immagine splendida!), cioè come pellegrini e ospiti.

E infine il Vangelo: la prima parte del capitolo 20 di Giovanni, che ogni anno la Chiesa ci ripropone in questa Messa del mattino di Pasqua, si può facilmente ricollegare alla prima lettura attraverso il tema dell’esperienza di fede e della testimonianza dei discepoli. Il primo personaggio che egli ci presenta non va dimenticato: se il racconto si sposta, subito dopo, su Giovanni e su Pietro, la prima ad essere nominata è in realtà Maria la Maddalena; sarà proprio questa donna a incontrare per prima Gesù risorto, come Giovanni racconta nel brano che immediatamente segue a quello che abbiamo ascoltato (Gv 20,10-18). Qui Giovanni ricorda la corsa di Maria incontro ai discepoli, testimone dello stupore e dell’ansia che l’hanno assalita: “hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!”. La testimonianza degli apostoli sarà possibile perché mossa dall’amore di una donna che non ha mai smesso di cercare. Pietro e Giovanni, mentre corrono verso il sepolcro, sembrano quasi contrapposti l’uno all’altro. In realtà, se Giovanni è il primo a comprendere e a credere, Pietro è il primo a entrare nel sepolcro; non c’è opposizione reale tra i due; così l’autorità nella Chiesa (Pietro), pur se sembra avere la precedenza, dev’essere guidata dall’amore (Maria la Maddalena) e dalla fede (Giovanni).

Carissimi Fratelli e Sorelle, In questo tempo così difficile, la Pasqua resta per noi la possibilità reale che la morte non può più avere l’ultima parola, se il Signore è risorto. Come recita l’antico inno che si proclama prima del vangelo: mors et vita duello, conflixere mirando; Dux vitae mortuus regnat vivus: morte e vita hanno combattuto un mirabile duello: il Signore della vita, morto, regna vivente. Anche in tempo di guerra, continuiamo a cantare l’alleluia della Pasqua, quella parola che significa “lodate il Signore” e che ci permette ancora di cantare la vita.

L’uomo d’oggi è abituato ad aver notizia delle scoperte meravigliose della scienza, delle nuove invenzioni. Ma – ci ha ricordato tanti anni fa san Paolo VI - sapere che la vita, che la nostra esistenza riprende è qualcosa di ben più strabiliante e bello. Ben lo sa chi è stato malato ed è guarito, chi ha conosciuto il buio della guerra ed ha ritrovato la pace. La Pasqua è la festa della vita, la festa della Risurrezione, della vittoria sulla morte. È il nuovo ordine che il Signore vuole stabilire nell’umanità, e non è solo un fatto personale. Il Signore è risorto per ciascuno di noi, che siamo tutti dei moribondi a causa della fragilità della nostra natura.

Cristo è risorto, e tutti coloro che crederanno in Lui risorgeranno. Bisogna essere in convinta armonia con Lui, fare come una trasfusione della vita di Cristo nella nostra. Se riusciamo ad essere in comunicazione con questa sorgente della vita, siamo salvi. Se questo filo di congiunzione si spezza, siamo condannati. Essere con Cristo: ecco il cristiano; ecco la visione di un mondo nuovo, pienamente riconciliato e salvato! Amen!

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